“Io sono come il piccolo anemone”: la paura del dolore

“Io sono come il piccolo anemone che ho visto una volta a Roma nel giardino, si era talmente aperto durante il giorno che non riusciva più a chiudersi per la notte. Fu terribile vederlo sul prato oscuro, spalancato, come continuava ad assorbire nel calice quasi follemente lacerato, e sopra di lui la notte eccessiva che non trovava fine. E accanto tutti i saggi fratelli, ognuno chiuso nella sua piccola misura di abbondanza. Anch’io sono così inguaribilmente rivolto all’esterno, senza rifiutare nulla, i miei sensi, senza chiedermelo, trapassano in ogni possibile elemento di disturbo, se c’è un rumore mi do per vinto e sono quel rumore, e poiché tutto ciò che è disposto alla stimolo vuole essere stimolato, così in fondo io voglio essere disturbato e lo sono senza fine.”
– R.M. Rilke –

A volte, come gli anemoni di Rilke, scegliamo di chiuderci anticipando che la notte possa essere per noi troppo minacciosa. Scegliamo di evitare la possibilità del dolore, forse per paura di non saperlo affrontare, e ci sottraiamo alle esperienze scomode che potrebbero perturbarci. Per evitare la sofferenza, ci precludiamo il rischio di esporre all’oscurità la nostra vulnerabilità, ma così facendo progressivamente il nostro mondo si riduce e la notte stessa diventa per noi sinonimo di morte, poiché mai abbiamo potuto sperimentarla diversamente.
Il piccolo anemone di Rilke, al contrario, non sente di potersi sottrarre alla possibilità di accogliere il buio, anche quando questo gli sembri insostenibile. Anche questa scelta però forse ci parla di una perdita di libertà: quella di agire nel dolore e non solo di assorbirlo passivamente.
Ma quali possibilità abbiamo davanti al dolore? La notte può essere un’esperienza terribile e meravigliosa: è proprio la nostra scelta di restare apertə ad accogliere l’oscurità che permette al nostro sguardo di scoprire l’immensità e la bellezza delle stelle. Non possiamo sapere cosa sarà di noi all’alba ma la scelta di attraversare il dolore e di trasformarlo in qualcosa di diverso, senza evitarlo né subirlo, ci regalerà un nuovo sguardo su noi stessə e sul mondo, mantenendoci connessə agli altri e apertə a intercettare anche la gioia che verrà.

Dott.ssa Roberta Iuliano

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