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  • non ho tempo perché le nostre vite sono così impegnate
    Ansia,  Benessere,  Depressione

    “Non ho tempo!” – Perché le nostre vite sono così impegnate?

    La sensazione di non avere abbastanza tempo per fare tutto ciò che si vorrebbe, o che si pensa di dover fare, accomuna moltissime persone e si accompagna spesso ad altre sensazioni quali ansia, stress, pesantezza, irritabilità e affaticamento persistente. Ma cosa intendiamo quando diciamo: “non ho tempo“? In alcuni casi, la sensazione ha a che fare con una vita lavorativa i cui orari e confini sono arrivati a inglobare anche il tempo che vorremmo dedicare a noi stess3 o alle nostre relazioni personali. Per altre persone, invece, si tratta piuttosto dell’idea di non riuscire a portare a termine tutto ciò che si erano prefissate. In altri casi ancora, tutti gli…

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  • Ansia,  Benessere,  Depressione,  Relazioni

    Perché iniziare una psicoterapia?

    Cosa racconta chi chiede di cominciare un percorso di psicoterapia? A volte è difficile decidersi: pensiamo di preferire “fare da solə“, che “(senza offesa dottoressa) ma io in queste cose non ci credo tanto“, che non faccia per noi stare a parlare con qualcuno che “ci ascolta e basta“, i soldi, il tempo, ma tanto il problema sono io, ma tanto il problema sono gli altri, continuo così ancora per un po’ e vediamo come va… A volte è MOLTO difficile decidersi. Questo perché abbiamo delle idee su cosa accadrà nel momento in cui faremo questa scelta, che rischia di cambiare l’idea che abbiamo di noi stessə e quella che…

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    non ho tempo perché le nostre vite sono così impegnate

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  • Ansia,  Relazioni

    Ansia e intimità

    Se nelle nostre relazioni ci sentiamo spesso in prestazione e in ansia è facile che queste sensazioni abbiano implicazioni anche nel modo in cui viviamo l’intimità. Possiamo sentirci in ansia se siamo persone che tendono a vivere i rapporti con gli altri in termini di adeguatezza, ovvero con l’idea di dover andare incontro alle aspettative degli altri per evitare di perdere la relazione con loro. Nell’intimità questo si traduce nella tendenza a pensare che la cosa più importante sia riuscire a soddisfare l’altrə, piacere esteticamente ed essere bravə a letto. Se per qualche motivo ci si sente inadeguatə o si teme che l’altrə possa restare delusə, possiamo mettere in atto delle strategie…

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    Se la pandemia doveva insegnarci qualcosa, era la centralità della psiche. Psychè significa respiro. E se la psiche respira, ha bisogno di ossigeno. Particelle vitali per fronteggiare quelle virali. Anche un bonus da 50 milioni può essere una particella vitale. Non solo sul piano concreto, anche sul piano simbolico. Che come quello psichico, non si vede e non si tocca: e dunque “ non ha bisogno di soldi”. Ma qualcuno sa vivere senza psiche e senza simboli?

    Se la pandemia doveva insegnarci qualcosa era la centralità della psiche

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  • Autismo,  Neurodiversità,  Scuola

    La valorizzazione del pensiero divergente

    Qualche mese fa ho tenuto un laboratorio di scrittura creativa per educatori, educatrici e insegnanti con l’obiettivo di realizzare dei racconti che si basassero su aspetti rilevanti per i/le bambinə. Una parte importante del laboratorio consisteva nel riflettere insieme sulla comprensione che si aveva del/la destinatario del racconto e sul nostro rapporto con lui/lei. Ho trovato davvero sorprendenti i feedback che ho ricevuto al termine del laboratorio, che mi rimandavano come, nonostante i tanti anni di esperienza professionale, fosse la prima volta che ragionavano sui bambinə in termini di comprensione del loro punto di vista. Trovo davvero problematico che tutto ciò che viene fatto per i bambinə in termini di…

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  • Autismo,  Neurodiversità,  Scuola

    La discriminazione del “funzionamento”

    Descrivere le persone autistiche con le etichette “alto/basso funzionamento” porta con sé implicazioni che dovrebbero farci riflettere. Penso che sia importante, quando si è professionisti interessatə al benessere delle persone, che ci si interroghi sulle premesse che muovono i propri interventi, e il linguaggio è a mio parere una premessa fondamentale. I significati da cui partiamo per relazionarci con gli altri determinano molto del modo in cui ci muoveremo in quella relazione.  Rapportarsi a qualcuno in termini di “funzionamento” rimanda a un’idea meccanica dei processi in gioco nella relazione e nella persona stessa. I problemi che possono insorgere in conseguenza di ciò sono svariati e riguardano sia i criteri che…

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  • Autismo,  Neurodiversità,  Scuola

    La convivenza delle differenze a scuola

    Adottare il paradigma della neurodiversità significa comprendere che ogni bambinə ha delle caratteristiche proprie che lo rendono diversə dagli altrə e che vanno rispettate se si vogliono raggiungere obiettivi legati all’apprendimento. Immaginare che tuttə debbano seguire gli stessi step nei medesimi tempi o approcciarsi all’apprendimento con lo stesso modo di ragionare è un’aspettativa che rischia di creare frustrazione e difficoltà sia negli/nelle insegnanti che nei/nelle bambinə. Una classe divisa tra chi “riesce ad adattarsi” e chi “non ce la può fare” diventa un ambiente poco favorevole al benessere di insegnanti e studenti, spesso sostenuto dal sistema scolastico che tende a standardizzare obiettivi, metodi e tempi senza tenere conto della complessità…

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  • Autismo,  Neurodiversità,  Scuola

    Etica degli approcci educativi alle neurodivergenze

    Il secondo tema su cui propongo una riflessione durante la Neurodiversity Celebration Week è l’etica degli approcci alle neurodivergenze. Questo perché quando si valutano gli approcci educativi si utilizzano spesso criteri di funzionalità ed efficacia lasciando in secondo piano le considerazioni sulle implicazioni etiche. Il risultato di ciò è il proliferare di approcci alle neurodivergenze che sono molto popolari e sponsorizzati in quanto “ottengono risultati”. Le implicazioni ultime di tali risultati, tuttavia, sono spesso poco considerate e, soprattutto, quasi mai in simili approcci è considerato e valorizzato il punto di vista dei/lle direttə interessatə o le istanze portate avanti in prima persona da persone neurodivergenti. Approcci NON etici  #1 Dr.…

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  • Autismo,  Neurodiversità

    Perché parlare di educazione alle diversità

    “La normalità è qualcosa di deciso a tavolino, limitante per tuttə, ma in particolare pericolosa per alcunə.“ – Witty Wheels – Oggi il tema dell'”inclusione” è estremamente presente, tanto da essere divenuta parola logora della pedagogia. Il problema dell’inclusione, però, è che essa non prevede il superamento delle condizioni che relegano le minoranze in una posizione di marginalità, quanto piuttosto di mescolare l’acqua con l’olio e raccontarsi della propria bravura come chef. E’ quanto troppo spesso accade nelle scuole, non necessariamente per cattiva volontà ma soprattutto per una difficoltà comune ad uscire da una visione della diversità come qualcosa che non ci appartiene, da un lato, e che rende qualcuno…

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  • neurodiversity celebration week
    Autismo,  Neurodiversità,  Scuola

    Neurodiversity Celebration Week

    La Neurodiversity Celebration Week (Settimana della Celebrazione della Neurodiversità, dal 21 al 27 marzo) è un’iniziativa mondiale che sfida gli stereotipi e le idee sbagliate sull’autismo e le difficoltà di apprendimento. L’iniziativa ha due obiettivi: il primo è quello di incoraggiare la scuola a riconoscere i punti di forza e i talenti degli studenti e studentesse neurodivergenti che pensano e imparano in modo differente, comprese persone autistiche, dislessiche, disprassiche o ADHD. Il secondo obiettivo è quello di affrontare la mancanza di formazione adeguata degli/delle insegnanti nell’identificare e sostenere i loro studenti e studentesse con bisogni educativi differenti, fornendo loro risorse gratuite. La Settimana di Celebrazione della Neurodiversità è stata inaugurata nel…

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    Se la pandemia doveva insegnarci qualcosa era la centralità della psiche

    Da tempo volevo lasciare il mio pensiero su alcuni aspetti legati alla pandemia ma anche ora riesco solo a restituire impressioni appena abbozzate. Come quella che ho avuto ieri quando un bambino a scuola mi ha chiesto di fargli “il disegno più difficile che avessi mai fatto” e io ho disegnato il suo ritratto: non vedo il suo volto per intero da due anni. Due anni passati a indovinare dalla pronuncia delle sue parole quanti denti gli fossero caduti, dal tono della sua voce se dietro la mascherina stesse sorridendo. Due anni di: parla più forte che non ti sento! Stai lontano dai tuoi compagni! Corri a lavarti le mani! O quella…

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