Perché parlare di educazione alle diversità

La normalità è qualcosa di deciso a tavolino, limitante per tuttə, ma in particolare pericolosa per alcunə.

– Witty Wheels –

Oggi il tema dell'”inclusione” è estremamente presente, tanto da essere divenuta parola logora della pedagogia. Il problema dell’inclusione, però, è che essa non prevede il superamento delle condizioni che relegano le minoranze in una posizione di marginalità, quanto piuttosto di mescolare l’acqua con l’olio e raccontarsi della propria bravura come chef. E’ quanto troppo spesso accade nelle scuole, non necessariamente per cattiva volontà ma soprattutto per una difficoltà comune ad uscire da una visione della diversità come qualcosa che non ci appartiene, da un lato, e che rende qualcuno speciale, dall’altro.

“Diversità equivale a dire umanità; essa non definisce una particolare categoria di esseri umani, ma descrive tuttə noi. La diversità esprime le differenze tra persone, la variabilità dell’esperienza umana presente in natura che, da un certo punto della nostra storia, è stata sistematicamente esclusa dalla società attraverso la creazione di una categoria artificiale denominata normalità.”

– Fabrizio Acanfora –

Il progetto dell’inclusione è destinato a fallire, non per mancanza di volontà quanto perché intende le differenze come qualcosa a cui prestare assistenza dalla posizione privilegiata della “normalità”, avendo in sé l’idea più o meno mascherata che ci sia qualcosa di manchevole in chi è diverso, al punto tale che anche la parola stessa “diversità“, nell’immaginario comune, si è connotata di significati negativi. L’origine della parola “diverso” è latina e significa “voltato altrove“ o “altro rispetto a ciò di cui si parla” e in questo non c’è nulla di negativo, anzi: se non avessimo “l’altro-dalla-cosa” non avremmo neppure “la cosa”, perché come potremmo identificare qualcosa se non distinguendolo dal resto? Se non avessimo un Altro con cui confrontarci, come potremmo sapere chi siamo? Abbiamo bisogno di chi è voltato altrove rispetto a noi e di questo confronto, per quanto faticoso e a volte conflittuale, ma abbiamo anche bisogno che sia alla pari.

E’ fondamentale, quindi, educare alla complessità, ad una visione di Sé e degli altri che tenga conto delle differenze, che le valorizzi ritenendole una ricchezza e non una minaccia. Educare alla convivenza, che è diverso da “includere” o “escludere”. Puntare non a imbellettare e inglobare ma a conoscersi e rispettarsi, così che chi è diversə da noi possa mostrarci il pezzo di strada che ci stiamo perdendo. Educare alle differenze significa comprendere che il senso d’inadeguatezza che emerge in noi quando avvertiamo che un aspetto di noi non è in risonanza con gli altri, o quando ci sentiamo costretti a scegliere se essere noi stessə o essere connessə con gli altri, è un’esperienza umana che ci accomuna tuttə.

E’ rintracciare questa comunanza che può realmente avvicinarci a chi va incontro a queste esperienze più frequentemente degli altri, e spingerci verso un progetto di costruzione di una società in cui ogni identità possa vedere riconosciuto il proprio diritto all’espressione di sé assieme e nel rispetto di quello degli altri.

Per approfondire:

  • In altre parole. Dizionario minimo di diversità, F. Acanfora
Dott.ssa Roberta Iuliano

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