AUTside the box – Un approccio costruttivista alla neurodiversità

La neurodiversità

La neurodiversità è una concettualizzazione che si propone di superare il modello medico e i suoi limiti per descrivere le condizioni neuropsicologiche delle persone inserendole all’interno di un modello teorico di stampo sociale. Il termine emerge negli anni Novanta con Judy Singer e Harvey Blume per indicare il differente funzionamento cognitivo di ciascun essere umano. Questo cambio di prospettiva ci apre all’idea che ogni individuo ha diritto ad essere compreso nelle proprie specificità neuropsicologiche, poiché chiunque è diverso dall’altro anche in termini di funzionamento. Questa differenza è uno dei tanti elementi che caratterizzano la biodiversità umana e come tale non solo va rispettata, ma anche preservata e considerata come una risorsa preziosa per l'umanità.

Dieci anni dopo, l'attivista Kassiane Asasumasu si autodefinisce "neurodivergente", coniando un termine politico che mira a identificare, all'interno del paradigma della neurodiversità, qualsiasi "cervello che diverga" dalla norma in senso statistico. Tale rivendicazione diventa particolarmente importante soprattutto nelle comunità di persone nello spettro autistico e ADHD, per quanto nel suo significato originario comprenda molte più condizioni. Sebbene non si tratti di un concetto clinico, questo paradigma sta iniziando ad essere utilizzato anche da professionistə che vogliono integrare nella loro pratica clinica l'approccio sociale e fornire una lettura delle condizioni neuropsicologiche alternativa a quella di deficit. Ciò non significa negare le difficoltà che le persone neurodivergenti possano avere né rinnegare la configurazione clinica di condizioni quali l’ADHD, l’autismo e i disturbi dell’apprendimento ma affermare che esse rappresentano naturali variazioni della forma umana, pur nella loro diversa e talvolta dolorosa e complessa esperienza percettiva del mondo, che necessita di specifici bisogni psicofisici che vanno legittimati e compresi.

Adottare questa prospettiva, inoltre, permette anche alla clinica stessa di orientarsi verso una comprensione di queste condizioni che tenga conto anche di ciò che le persone interessate stesse riportano: la ricerca in psicologia, infatti, non è mai "oggettiva" poiché parte sempre da un punto di vista per strutturarsi, e tale punto di vista è quasi sempre neurotipico, essendo questa la maggioranza delle persone che la conducono. Aprirsi verso il paradigma della neurodiversità significa, quindi, per unə clinicə, aprirsi all'ascolto delle persone neurodivergenti per considerarne in modo autentico i bisogni, per promuoverne l'autodeterminazione e per lavorare o fare ricerca con loro anziché su di loro.

 

Il costruttivismo

La Psicologia dei Costrutti Personali (PCP) nasce negli anni '50 ad opera di George Kelly. Sebbene la PCP e le sue elaborazioni successive non trattino esplicitamente di neurodivergenza, molti aspetti di questo approccio lo rendono, a mio parere, adatto ad includere il paradigma della neurodiversità nella pratica clinica. Kelly parte da un presupposto molto semplice, che si può riassumere in una frase: “Se non sai cosa non va in un paziente, chiediglielo. Te lo può dire”.

Questa frase riassume gli aspetti essenziali del costruttivismo:

-ogni persona è diversa dall'altra, perciò non è possibile per lə terapeuta avere una conoscenza "a priori" dell'altra persona valida per chiunque ma è necessaria la sua partecipazione per comprenderne insieme il punto di vista sul mondo

-andare oltre i concetti di "sano/malato" e "giusto/sbagliato": ciò che conta non è la "norma" ma il vissuto della persona

-la centralità della rappresentazione di sé e del racconto personale: è la persona ad essere esperta di se stessa

-comprendere la persona nei suoi termini: guardare il mondo con gli occhi di chi ci sta davanti, calarsi nei suoi panni e leggere la sua esperienza con i significati personali che le appartengono

-considerare le persone come forme in movimento, con le loro caratteristiche di unicità e peculiarità

-il disturbo è visto come blocco di questo movimento e non come deficit di funzionamento: da questo punto di vista, chiunque può ritrovarsi bloccatə, ad un certo punto del proprio percorso, e chiunque può riprendere il proprio movimento nella misura in cui il proprio sistema di significati glielo consente, tenendo conto dei propri vincoli strutturali ma anche delle proprie possibilità

-non c'è una visione deterministica delle difficoltà: la psicoterapia è orientata ad aumentare le possibilità di scelta della persona e ad aiutarla a riprendere il proprio naturale movimento, confidando nel fatto che ciò sia in una qualche misura sempre possibile per tuttə.

Alla luce di questi aspetti, credo fermamente nelle potenzialità che l'approccio costruttivista possa dare al lavoro con persone neurodivergenti ed anche alla maggiore sensibilizzazione delle persone neurotipiche, nell'ottica di favorire una sempre maggiore comprensione reciproca e migliore convivenza.

AUTside the box

"AUTside the box" è il mio progetto di divulgazione e tentativo di sintesi e d'integrazione dell'approccio sociale alla teoria costruttivista. Il nome del progetto tradisce la sua origine nata inizialmente intorno al tema dello spettro autistico ma attualmente cerco di portarlo avanti più ad ampio respiro, includendo anche altre forme di neurodivergenza.

Si tratta di un lavoro lento e complesso, che prevede una grossa parte di formazione autonoma da parte mia e di contatto costante con le comunità di persone neurodivergenti che possono raccontarsi e che scelgono di autorappresentarsi. In particolare, supporto e seguo il lavoro dell'associazione Neuropeculiar APS e di RITA, Rete Italiana ADHD.

Articoli online per approfondire il dibattito su clinica e neurodivergenza

Marocchini, E. (2023). L’autismo e lo spettro dell’oggettività

Neuropeculiar (2023). Il mestiere del clinico e la neurodiversità

Bibliografia per approfondire la neurodiversità e la teoria costruttivista:

Acanfora, F. (2021). In altre parole. Dizionario minimo di diversità. EffeQu.

Crompton, C. J., Sharp, M., Axbey, H., Fletcher-Watson, S., Flynn, E. G., & Ropar, D. (2020). Neurotype-Matching, but Not Being Autistic, Influences Self and Observer Ratings of Interpersonal Rapport. Frontiers in Psychology, 11: 586171.

Jaarsma, P., Welin, S. (2012). Autism as a Natural Human Variation: Reflections on the Claims of the Neurodiversity Movement, Health Care Analysis, (20), 1, 20-30.

Kelly, G. A. (1955). La psicologia dei costrutti personali. Teoria e personalità. Raffaello Cortina Editore.

Milton, D. (2012). On the ontological status of autism: the ‘double empathy problem’. Disability & Society, 27(6): 883-887.

Procter, H. G. (2010). Personal construct Pychology and Autism, Journal of Constructivist Psychology, 14:2,
107-126.

Scavarda, A. (2020). Pinguini nel deserto. Strategie di resistenza allo stigma da Autismo e Trisomia 21, il Mulino.

Singer, J. (2017). NeuroDiversity: The Birth of an Idea. Self Published.

Valtellina, E. (a cura di) (2020). L’autismo oltre lo sguardo medico. I Critical Autism Studies. Vol. 1, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento.

Valtellina, E. (2006). ““Nothing about us without us”: Dall’attivismo all’accademia e ritorno: i disability studies inglesi”, in Studi culturali, 3.1:159-180, il Mulino.

Walker, N. (2021). Neuroqueer Heresies. Autonomous Press.

Williams, G. (2021). Theory of autistic mind: A renewed relevance theoretic perspective on so-called autistic pragmatic ‘impairment’, Journal of Pragmatics, 180: 121-130.

Williams G., Wharton, T., Jagoe C. (2021). Mutual (Mis)understanding: Reframing Autistic Pragmatic “Impairments” Using Relevance Theory. Frontiers in Psychology, 12: 616664.

Per approfondire

   

La valorizzazione del pensiero divergente

   

La discriminazione del “funzionamento”

   

La convivenza delle differenze a scuola

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