Il secondo tema su cui propongo una riflessione durante la Neurodiversity Celebration Week è l’etica degli approcci alle neurodivergenze. Questo perché quando si valutano gli approcci educativi si utilizzano spesso criteri di funzionalità ed efficacia lasciando in secondo piano le considerazioni sulle implicazioni etiche. Il risultato di ciò è il proliferare di approcci alle neurodivergenze che sono molto popolari e sponsorizzati in quanto “ottengono risultati”. Le implicazioni ultime di tali risultati, tuttavia, sono spesso poco considerate e, soprattutto, quasi mai in simili approcci è considerato e valorizzato il punto di vista dei/lle direttə interessatə o le istanze portate avanti in prima persona da persone neurodivergenti.
Approcci NON etici
#1 Dr. Frankenstein
Alcuni approcci mettono al primo posto la tecnica, focalizzandosi sul perfezionamento di metodi standardizzati. In questi approcci, il bambinə rischia di essere visto come la creatura del Dr. Frankenstein: un puzzle di competenze da raggiungere e potenziare, con pezzi più o meno funzionanti e parti più o meno difettose che necessitano di essere aggiustate o corrette.
La relazione che si instaura partendo da questi presupposti è spesso controllante e manipolativa: l’adulto si approccia al bambinə invalidando i suoi tentativi di trovare un equilibrio tra i propri bisogni e il suo stare con gli altri, con l’idea che i comportamenti che non incontrano le aspettative dell’adulto siano problemi da risolvere. Quando il bambinə reagisce con rabbia alle invalidazioni, anziché essere messe in discussione le condizioni relazionali che hanno portato alla rabbia o alla mancata collaborazione, si etichetta il bambinə come “oppositivə”, o si scarica la responsabilità su altre figure che ruotano attorno a lui/lei.
#2 La fata madrina
In altri approcci, l’aspetto assistenziale è predominante: il bambinə è percepito come fragile e bisognoso di continuo stimolo e cura, un burattino di legno che va instradato sulla retta via, tenuto al sicuro da ogni pericolo, e che solo grazie al nostro costante e invadente aiuto potrà un giorno diventare come gli altri.
La relazione che si instaura rischia di essere simbiotica e asfissiante, dove nessuno spazio viene lasciato all’iniziativa personale o alla possibilità di sperimentare momenti di solitudinə e di noia.
L’obiettivo delle autonomie è perseguito in modo ambivalente, poiché è l’adulto che decide, senza grandi possibilità di negoziazione, tempi, modalità e possibilità delle stesse. Ogni tentativo del bambinə di svincolarsi dall’ingombrante relazione o attuare strategie personali è percepito come una minaccia al suo benessere e scoraggiato.
#3 L’allevatore
In questi approcci, il focus è sui bisogni primari: l’adulto intende il proprio ruolo unicamente in termini di accudimento fisico, trascurando le potenzialità e le risorse del bambinə, quasi allevandolo più che mettendosi in relazione con lui/lei.
L’interesse principale sembra essere una felicità intesa in termini di “quiete e tranquillità”, quindi tutto va bene purché il bambinə non venga turbatə. Le implicazioni di questa serenità perseguita a tutti i costi sono l’evitamento di tutte quelle situazioni che possono davvero metterlə alla prova, promuovendo la sua crescita e il suo sviluppo. La relazione parte da premesse in cui non si ha davvero fiducia nelle capacità del bambinə o, al contrario, si ignorano i suoi segnali di difficoltà e stanchezza spingendolə oltre i suoi limiti.
Come riconoscere gli approcci etici
La parola “pedagogia” viene dal greco e significa “camminare accanto“. Molti approcci si armano di tecnica e buone intenzioni ma dimenticano la centralità dell’ascolto e del rispetto. Un pensiero divergente non è un pensiero da correggere, quanto da accompagnare nella scoperta di un mondo costruito per un pensiero differente dal suo.
Negli approcci etici il focus degli interventi non è né il comportamento del bambinə né la condotta dell’adulto ma la loro relazione, che dev’essere basata sull’ascolto e la comprensione del bambinə. L’adulto valida le proposte personali del bambinə ed è capace di comprendere il suo punto di vista, valorizzandone gli interessi individuali e interpretando i comportamenti difficili come segnali di difficoltà e richieste di aiuto.
La relazione non è un tiro alla fune tra adulto e bambinə ma direzione e andatura si scoprono insieme.
L’eticità di un approccio si valuta quindi nella misura in cui rispetta le caratteristiche del bambinə e si accorda armonicamente ai suoi bisogni, rimanendo in ascolto e restituendo validazione attraverso una comprensione profonda del suo modo di muoversi nel mondo.
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