La sensazione di non avere abbastanza tempo per fare tutto ciò che si vorrebbe, o che si pensa di dover fare, accomuna moltissime persone e si accompagna spesso ad altre sensazioni quali ansia, stress, pesantezza, irritabilità e affaticamento persistente. Ma cosa intendiamo quando diciamo: “non ho tempo“?
In alcuni casi, la sensazione ha a che fare con una vita lavorativa i cui orari e confini sono arrivati a inglobare anche il tempo che vorremmo dedicare a noi stess3 o alle nostre relazioni personali. Per altre persone, invece, si tratta piuttosto dell’idea di non riuscire a portare a termine tutto ciò che si erano prefissate. In altri casi ancora, tutti gli spazi risultano occupati da qualcosa, che siano impegni professionali o attività ricreative e sociali, e ancora si vorrebbe inserire altro ma ciò non sembra possibile.
In tutte queste situazioni, potrebbe esserci una difficoltà a contemplare la possibilità di avere del tempo non programmato, in altre parole a non fare niente. Ciò potrebbe accadere perché da un lato, la nostra cultura agevola una costruzione colposa dell’improduttività, validando chi investe nel lavoro ed è sempre ingaggiato in mille attività; dall’altro, per molte persone il lavoro e le attività ricreative sono spazi sui quali è preferibile investire (o iper-investire) per evitare la possibilità che nello stare ferm3 possano emergere vissuti e pensieri spiacevoli o dolorosi, o per tirarsi fuori da situazioni relazionali divenute scomode.
Lo stare da sol3 senza avere niente da fare è una condizione minacciosa per molt3 di noi. Ha a che fare con la paura che ci si stia perdendo qualcosa, di non stare facendo abbastanza, di essere mal giudicati dagli altri, di perdere opportunità lavorative e sostentamento economico o di non essere riconosciut3 come competenti. Per le donne, ciò spesso si applica anche alla vita domestica e alla cura d3 figli3: molto spesso, non è percorribile che una mamma lasci la casa in disordine per riposare, o che vada in vacanza da sola perché ne ha bisogno.
La doppia lama del tempo sempre impegnato, che da un lato ci obbliga alla prestazione ma dall’altro ci distrae da noi stess3, è ben affilata dalla validazione che porta il mostrarsi sempre produttiv3, dall’idea che bisogna sempre trarre il massimo da tutto e che fare quante più cose possibili ci sottragga dalla necessità di scegliere. Il paradosso di questo consiste nel fatto che quanto più riempiamo il nostro tempo di cose che viviamo come indispensabili, tanto più sentiamo di non avere tempo abbastanza. Eppure, sarebbe importante provare a chiederci che cosa succederebbe se tornassimo ad avere tempo: per cosa lo useremmo? Da cosa stiamo fuggendo? Quali paure o angosce accompagnano la nostra noia, la nostra solitudine o l’intimità delle nostre relazioni? Perché è così importante per noi destinare una parte così grande della nostra vita al lavoro? E se essere costrett3 a lavorare tanto per avere una stabilità economica ci sembra insostenibile e ingiusto, c’è qualcosa che possiamo fare per cambiare le cose?
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