Perché non riusciamo a stare a dieta?

A molte persone sarà capitata l'esperienza di voler perdere peso, cominciare una dieta e rendersi conto di non riuscire a rispettarla. Quali sono le ragioni che ci portano a "sgarrare"? E' davvero solo questione di forza di volontà?

Negli ultimi quarant’anni abbiamo assistito a un aumento delle malattie collegate all’adozione di stili di vita non salutari. Fra questi svolgono un ruolo cruciale l’alimentazione e la sedentarietà, con il conseguente aumento di casi di sovrappeso e obesità. Ridurre il peso in eccesso e adottare un'alimentazione sana sono quindi per molte persone esigenze fondamentali. Allo stesso tempo, però, l'esperienza comune ci dice quanto sia difficile riuscire a raggiungere e mantenere un peso adeguato. Quali sono le ragioni di questa difficoltà?
Cominciamo con il chiarire innanzitutto che le cause dell’eccesso di peso non sono da ricercare esclusivamente nelle abitudini alimentari o nella sedentarietà. Al raggiungimento del sovrappeso possono concorrere infatti anche altri fattori quali la predisposizione genetica, alterazioni metaboliche e ormonali, farmaci, stress o, in almeno il 30% dei casi, la presenza di un disturbo alimentare chiamato Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder).

Esiste però anche un altro fattore di rischio, che pochi conoscono e di cui ancora meno sospetterebbero: la dieta. 

La dieta, infatti, se affrontata nel modo sbagliato, può rivelarsi non solo inutile ma addirittura controproducente al mantenimento di un peso adeguato. Questo perché, quando ci sottoponiamo a una restrizione alimentare, scattano in noi meccanismi di compenso fisici e psicologici che ci portano a desiderare gli alimenti che pensiamo di non dover mangiare, esponendoci al rischio di mangiare anche più di quanto non faremmo in condizioni normali.

L’idea centrale che molte persone hanno quando iniziano una dieta è “meno mangio e meglio è”, assieme alla necessità impellente e irrealistica di perdere molto peso in poco tempo. Spinta da questa convinzione, la persona inizia a restringere la propria alimentazione, diminuendo quantità e qualità dei cibi consumati, e ponendosi obiettivi severi e irrealizzabili. Dopo qualche tempo, ciò conduce inevitabilmente alla frustrazione e alla perdita di controllo sul cibo, che è dovuta a fattori fisiologici: si tratta di una reazione naturale e involontaria del nostro corpo alla restrizione, che scatta in automatico come meccanismo di difesa a una condizione che il nostro corpo vive come pericolosa per la propria sopravvivenza.

Imporsi di ridurre drasticamente le quantità di cibo innesca nell'organismo la sensazione di trovarsi in un ambiente in cui il cibo non è disponibile e attiva meccanismi fisiologici di resistenza, volti a sopravvivere alla fase di "carestia": il metabolismo rallenta per risparmiare risorse energetiche, si attivano reazioni di stress, e aumenta l'impulsività nel momento in cui il cibo "torna disponibile". A lungo andare, quindi, ci si sente nervosi e stressati, si "sgarra" sempre più spesso e il peso smette di diminuire, per poi tornare ad aumentare con il ritorno allo stile di vita precedente.

Lo stesso accade se ad essere ridotta drasticamente è la qualità del cibo consumato: i cibi dolci e grassi, che normalmente vengono eliminati dalla dieta, sono alimenti che il nostro corpo naturalmente ricerca per fronteggiare lo stress. Eliminarli del tutto dall'alimentazione produrrà quindi solo l'effetto opposto di aumentare il nostro desiderio di poterli mangiare.

Se la restrizione è molto severa, ad un certo punto può verificarsi una vera e propria "abbuffata". Se le abbuffate iniziano a diventare frequenti o si attuano durante la notte, significa che ci stiamo spostando verso la condizione del disturbo alimentare (Binge Eating Disorder) e diventa fondamentale a questo punto rivolgersi a uno psicologo.

Più comunemente, si va incontro a "infrazioni" più o meno grandi della dieta, che vengono spesso vissute come un fallimento, e portano la persona a sentirsi arrabbiata, frustrata o in colpa, e a decidere di "rimediare" attraverso l'attività fisica, adottando comportamenti di eliminazione del cibo in eccesso come nella Bulimia Nervosa, o tornando semplicemente a restringere dal pasto successivo. Questo tentativo, anziché essere risolutivo, finisce per innescare un circolo vizioso di "restrizione-abbuffata-restrizione" che con l'andare del tempo si rivela dannoso e fallimentare.

L’utilizzo ripetuto e frequente di diete inappropriate porta infatti a un aumento progressivo del peso della persona nel tempo.

Il 95% di persone che comincia una dieta restrittiva recupera il peso perso nel giro dei 5 anni successivi.

Cosa fare allora se ci si trova in condizioni di eccesso ponderale e si desidera perdere peso?

L'unica soluzione adeguata è rivolgersi a uno specialista della nutrizione e assicurarsi di seguire un regime alimentare corretto e personalizzato rispetto alle proprie necessità, oltre ad avvalersi di un supporto psicologico in caso di presenza di disturbo alimentare. Prima di intraprendere un percorso di perdita ponderale e modificare la propria alimentazione è importante valutare se il nuovo regime ha le caratteristiche di uno stile alimentare salutare.

Ecco alcuni consigli che potranno aiutarvi a valutare se la vostra alimentazione può considerarsi sana.

Un'alimentazione sana:

  • è varia e completa: c’è spazio per tutto, non ci sono cibi proibiti
  • rispetta il senso di fame e sazietà della persona
  • è proporzionata e basata sui diversi valori nutrizionali degli alimenti
  • non segue uno schema rigido
  • porta nel tempo al mantenimento spontaneo del peso
  • non comporta il digiuno né il saltare i pasti
  • rispetta i gusti individuali e le necessità sociali della persona
  • è soggettiva e va trovata col tempo
  • non si pone come obiettivo né causa una perdita di peso superiore ai 2 kg al mese.

A un'alimentazione sana andrebbe sempre affiancata un'attività fisica altrettanto salutare. E' importante sapere, infatti, che anche l'attività fisica, se praticata in modo eccessivo o compulsivo, può diventare dannosa e causare una dipendenza patologica rischiosa, oltre che sottoporre il corpo a uno stress in grado di nuocere alla salute.

Un'attività fisica sana si caratterizza in quanto:

  • non è un obbligo ma un divertimento
  • si pratica con costanza ma non in modo ossessivo
  • si può fare a qualunque peso e a qualunque età
  • rispetta i limiti del corpo della persona
  • non si focalizza su obiettivi da raggiungere ma sull’entrare in contatto col proprio corpo
  • fa sperimentare sensazioni positive.

Associare un'alimentazione sana a un'attività fisica sana porta con l'andare del tempo alla perdita del peso in eccesso e al mantenimento del peso senza sforzo, senza rinunce e in modo naturale e duraturo.

Dati epidemiologici: Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità.

Dott.ssa Roberta Iuliano

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